A(b)Braccio # Maria Andaloro
libera professionista – Rometta (Me)
La testa bianca che vedete è di un uomo invisibile. In una stazione di una grande città. E’ lì, seduto. Dorme, scivola su un lato. Nessuno si ferma. Nessuno lo vede. Nessuno.
Mi sono avvicinata. Aveva i pantaloni abbassati. Attorno era tutto sporco. E lui, pure. Accanto aveva una di quelle coperte termiche che sembrano la carta delle uova di Pasqua, quelle che distribuiscono agli sbarchi ai profughi, accartocciata alla sua destra. Respirava a fatica. Ora di punta di un week end quasi estivo, nessuno lo vede. Tutti corrono. Cerco del personale in stazione. Mi fermo da due uomini. Ma…
Uno doveva caricare un disabile sul treno, ma ancora non c’erano né il treno né il disabile. Uno in divisa mi ha detto che lui non poteva spostarsi e mi consiglia (se proprio mi ostino e non mi voglio fare gli affari miei) di andare al posto di polizia. Mi sono fermata, allibita. Poi, avendo ancora tempo prima del mio treno, sono andata a citofonare alla Polfer, la polizia che presidia le stazioni.
Mi ha aperto un uomo in borghese. Più distante ascoltava pure una donna. Gli riferisco la situazione e chiedo: non è che lo arrestate? È un uomo solo. Lui sorride e dice: no. Gli mostro la foto, che ho scattato con pudore e rispetto, per non offendere la sua dignità già lesa dalla sua condizione. Gli dico che sta lì, solo e indifeso, coi pantaloni abbassati e che vederlo abbandonato a se stesso è insopportabile. E perché nessuno lo vede mi risulta ancora più insopportabile. Mi dice che avrebbero chiamato i servizi sociali, mi ringrazia.
Il mio treno è in partenza ed io ho solo fatto quello che vorrei qualcuno facesse per me. Vedermi. Non vorrei mai diventare così, invisibile. Nessuno ha avuto il coraggio di abbracciarlo. Chissà se qualcuno lo ha mai fatto. Ma preoccuparmi per lui è un po’ come se lo avessi fatto. Abbracciarlo, intendo.