A(b)Braccio # Roberto Baldini
Oggi sono andato a farmi una radiografia per una botta che ho preso alla mano e in un flash sono tornato a quel giorno di ben 33 anni fa. Quel 21 novembre 1983, nella redazione de ‘La Nazione’ di Lucca, mano, braccio sinistro e una postura scomposta alla scrivania mi salvarono la vita (purtroppo non un occhio), facendo da scudo alla fucilata di un tale che ce l’aveva con i giornalisti.
I pallini di piombo sono ancora lì. E porca miseria quanti sono. Ormai fanno parte di me e pazienza se le risonanze magnetiche non potrò mai farle. “Un incidente di caccia?” – mi chiedono sempre i radiologi. Macché. E ascoltano stupiti il mio racconto.
Ed io, ogni volta, penso ai tanti colleghi che non avevano un braccio davanti e non stavano seduti scomposti quando sono caduti sotto i colpi di terroristi, dittatori, malviventi, mafiosi o solo pazzi. E penso a questo mestiere, il mestiere di scrivere quello che succede.
Penso a questa professione nobile, dura, spesso rischiosa, e ora mortificata da troppi sedicenti giornalisti e urlatori del web. Penso al muro del Newseum di Washington, dove sono scolpiti i nomi di tutti i giornalisti caduti in servizio, in tutto il mondo, un muro che si allunga ogni anno.
Penso a chi, per un titolo sopra le righe o per un commento provocatorio, vorrebbe tornare alle veline del Minculpop. E penso a tutta la gente che legge i giornali senza rendersi conto di quanto sia difficile raccontare il mondo. E che si illude di trovare la verità solo sfogliando un tablet.