A(b)Braccio # Antonio Ortoleva
Chiedo a un lama vietnamita: come si può introdurre in occidente, nel nostro stile di vita insomma, la gioia e la saggezza buddhista per migliorare la vita? Il monaco anziano, piccolo e rotondetto, sorride, di un sorriso morbido, senza parole. Io ci metto un pò, ma la capisco cosi: stampa questo sorriso sulla tua faccia e vai per la tua strada.
Subito, una ragazza malese con Smart Phone in mano, chiede al vecchio monaco se può scattare un selfie. Il saggio in tonaca zafferano si accosta con il medesimo sorriso e rivolge lo sguardo un attimo verso di me prima di spostarlo verso l’obiettivo, tanto per rafforzare il concetto. Il buddhismo è semplicità, la vita sia semplice.
Sotto l’albero di Siddharta, dove due millenni e mezzo addietro il principe che divenne Dio restò per anni a meditare, l’eco del gong della campana delle meditazioni risuona come un vento carezzevole sulla distesa di tonache arancioni, tabacco, sino al grigio perla giapponese. Ed è veramente piacevole restare lì, sotto la doccia di ioni che scendono giù dall’albero della vita, che protende sinuoso i suoi rami in modo acrobatico, mentre qualcuno raccoglie una foglia caduta dalla punta arcata come una spada, che dicono porti tanta buona sorte.
L’India è il topos globale della spiritualità, nonché la terra promessa dell’high-tech e delle multinazionali all’arrembaggio, le due dimensioni convivono e spesso convergono. Qui è nato e si è rivelato Buddha, qui i più importanti siti buddhisti mondiali, ma il suo pensiero si è diffuso altrove: Cina, Thailandia, Giappone, sud-est asiatico. Gli indiani che erano induisti da un millennio divennero buddhisti per poi tornare alle origini. Ma ora puntano sui templi e gli stupa (giganteschi contenitori delle ceneri dei santi) del Buddha che nessuno possiede, per costruire certo un circuito, quindi turismo, quindi business, e in pari per accreditare più che una città una zona santa all’unica religione monoteista che ne è priva, dopo Roma, La Mecca, Gerusalemme, Benares.
Ecco perché l’Indiatourism ha invitato qui giornalisti di viaggio e di scrivania, studiosi, tour operator e monaci da tutto il mondo. Induismo e buddhismo hanno molto in comune, a cominciare dal rapporto con la sofferenza. Entrambe la considerano una prova verso mete supreme, i cristiani un castigo.
Una parabola indiana dice così: “Se una brutta notizia bussa alla porta, vai ad aprire e falla accomodare con un sorriso”.